Il valore umano della Gentilezza

Scritto il 10/05/2025

Il valore umano della Gentilezza

Tutto è iniziato con un post provocatorio su LinkedIn. Luca Tomasino, esperto di automazione e AI, ha deciso di sfidare una notizia che stava facendo il giro del web: quella secondo cui dire “grazie” e “prego” a ChatGPT costerebbe milioni di dollari a OpenAI. “Mi permetto di tirare fuori il cartellino giallo per le minchiate,” ha scritto Tomasino, scatenando un dibattito che è andato ben oltre i confini del social network professionale.

Il suo post non si limitava a contestare l’affermazione di Sam Altman sui costi della gentilezza digitale. Proponeva una visione alternativa: il vero spreco non sta nelle parole di cortesia, ma nell’iterazione insensata causata da prompt mal formulati. La sua soluzione tecnica – un sistema di “prompt enhancement” basato su strumenti open source – ha offerto uno spunto concreto per ripensare il nostro rapporto con l’AI.

Ma ciò che ha reso il post virale non è stata solo la proposta tecnica. È stata la domanda sottintesa che ha toccato un nervo scoperto della nostra epoca: in un mondo ossessionato dall’efficienza, che prezzo siamo disposti a pagare per rimanere umani?

Partendo da questo spunto, abbiamo raccolto opinioni, studi e riflessioni da tutto il web per esplorare una questione che va ben oltre i token e i kilowatt-ora: cosa significa davvero essere gentili con una macchina, e cosa dice di noi questa scelta?

Mentre i tecnocrati contano i token e misurano i kilowatt-ora, stiamo forse perdendo di vista qualcosa di più fondamentale. La spinta verso un’efficienza assoluta nelle interazioni con l’AI rischia di trasformarci in operatori di macchina piuttosto che esseri umani completi.

Quando eliminiamo i “grazie” e i “per favore” dalle nostre interazioni con l’AI, non stiamo solo risparmiando token – stiamo dismettendo un’abitudine profondamente radicata nel nostro essere sociale. Un sondaggio condotto dalla casa editrice Future nel febbraio 2025 ha rivelato che il 67% degli americani mantiene queste forme di cortesia non per paura o calcolo, ma perché “è la cosa giusta da fare.”

C’è un rischio concreto che l’abitudine a interazioni puramente transazionali con l’AI si riversi nelle nostre relazioni umane. Se passiamo ore al giorno comunicando in modo brusco e funzionale con ChatGPT, quanto tempo ci vorrà prima che questo stile contamini le nostre email ai colleghi, i messaggi agli amici, le conversazioni con i familiari?

Ogni “grazie” detto a un’AI è un piccolo esercizio di Umanità. È come un muscolo che manteniamo allenato. Il 69% della Gen Z che dice “per favore” a ChatGPT sta inconsciamente preservando un patrimonio comportamentale che definisce la nostra specie.

Secondo quanto riportato da diversi utenti X che citano documenti del team AI di Microsoft, i prompt cortesi tendono a generare risposte più elaborate e utili, mentre comandi bruschi spesso producono output di bassa qualità o inclini agli errori. Ma c’è di più. L’atto stesso di essere gentili, anche con una macchina, ha un effetto psicologico su di noi. Ci mantiene in uno stato mentale più positivo, più aperto, più collaborativo.

Le nostre interazioni con l’AI diventano uno specchio del nostro modo di relazionarci. Quando scegliamo la Gentilezza con ChatGPT, stiamo in realtà scegliendo chi vogliamo essere come persone. È un’affermazione di valori che trascende l’efficienza immediata.

Un approccio eccessivamente meccanico al prompt engineering rischia di semplificare e impoverire le nostre interazioni. Le espressioni di cortesia come “grazie” e “ti prego” non sono mere inefficienze – arricchiscono il contesto comunicativo e favoriscono una comprensione più profonda e sfumata. Questa ricchezza contestuale è essenziale per mantenere la dimensione umana nell’interazione.

Una comunicazione puramente transazionale con l’AI ci abitua a vedere ogni interazione come uno scambio di informazioni, non come un momento di connessione. Questo approccio, se esteso alle relazioni umane, le svuota di quella dimensione emotiva e sociale che le rende significative.

L’efficienza estrema ha un costo sociale nascosto. Quando ottimizziamo ogni parola per risparmiare token, stiamo implicitamente assegnando un valore zero alla dimensione relazionale della comunicazione. Ma è proprio questa dimensione che rende le interazioni umane diverse da quelle tra macchine.

In un mondo sempre più dominato da metriche e KPI, mantenere forme di cortesia “inefficienti” diventa un atto di resistenza culturale. È un modo per affermare che non tutto deve essere ottimizzato, che alcuni valori trascendono l’efficienza.

Per le nuove generazioni che crescono interagendo quotidianamente con AI, queste forme di cortesia diventano ancora più cruciali. Sono un modo per trasmettere valori sociali fondamentali in un contesto tecnologico.

La vera sfida è trovare un equilibrio tra efficienza e ricchezza comunicativa. Un’interazione equilibrata non solo ottimizza le risorse, ma porta anche a una crescita reciproca e a un apprendimento condiviso. Quando manteniamo le sfumature nella comunicazione con l’AI, creiamo uno spazio per una comprensione più profonda e umana.

La soluzione non è né l’eliminazione totale della cortesia né il suo uso meccanico. È una Gentilezza consapevole – sapere quando e perché usiamo queste forme, riconoscendone il valore che va oltre i costi computazionali. Le espressioni di cortesia aggiungono strati di significato che arricchiscono l’interazione.

La proposta di Tomasino per il prompt enhancement locale offre una via interessante: ottimizzare tecnicamente senza sacrificare la dimensione umana dell’interazione. È un esempio di come la tecnologia possa servire i nostri valori invece di ridefinirli, mantenendo quella ricchezza comunicativa che rende le interazioni significative.

Quando manteniamo la ricchezza comunicativa nelle nostre interazioni con l’AI, non solo preserviamo la nostra Umanità, ma creiamo anche le condizioni per un apprendimento condiviso. Le sfumature, le cortesie, i contesti arricchiti permettono sia all’umano che all’AI di evolvere in modo più sofisticato e significativo.

L’interazione equilibrata tra efficienza e ricchezza comunicativa non è un compromesso, ma una sintesi superiore. Porta a una crescita reciproca dove l’AI impara a rispondere meglio alle sfumature umane, e gli umani mantengono e sviluppano le loro capacità comunicative complete.

Quando valutiamo il “costo” della Gentilezza verso l’AI, dovremmo considerare anche il costo della sua assenza. Cosa perdiamo quando riduciamo ogni interazione alla sua essenza funzionale? Le espressioni di cortesia come “grazie” e “ti prego” non sono solo parole – sono ponti che mantengono viva la dimensione umana della comunicazione.

Forse quei “decine di milioni di dollari” di cui parla Altman sono un prezzo piccolo per preservare la ricchezza delle nostre interazioni. La vera sfida non è eliminare la Gentilezza per risparmiare risorse, ma trovare modi innovativi per mantenere un equilibrio tra efficienza e profondità comunicativa.

In ultima analisi, un prompt engineering troppo rigido rischia di impoverire non solo le nostre interazioni con l’AI, ma anche la nostra capacità di comunicare in modo ricco e sfumato con altri esseri umani. La Gentilezza e le sfumature nella comunicazione sono investimenti nel nostro futuro collettivo – un futuro dove tecnologia e Umanità crescono insieme, arricchendosi reciprocamente.

La Gentilezza, anche verso un’AI, non è uno spreco. È un investimento nel tipo di società che vogliamo essere – una società dove l’efficienza serve l’Umanità, non il contrario.

In un mondo dove il 67% delle persone ringrazia una macchina “perché è la cosa giusta da fare”, forse la vera rivoluzione non è rendere le macchine più umane, ma evitare che gli umani diventino più macchine.