Seguendo il dibattito sul Decreto Sicurezza, mi è venuta in mente un’interessante analogia con il sistema di tutela della salute. Aumentare il numero dei reati e delle pene previste e prevedere l’aumento delle carceri è molto simile a prevedere per il sistema salute l’aumento delle diagnosi e l’aumento dei posti letto negli ospedali. Ciò significa infatti rinunciare, o comunque porre minore attenzione, alla prevenzione e al trattamento delle cronicità e impiegare tutte le risorse nella fase di intervento e terapia, quindi di interventi sulle patologie acute. Le analisi riferite ai servizi di tutela della salute, non solo quello italiano ma a livello mondiale, suggeriscono invece che la “sostenibilità” consiste invece nel potenziamento sia della prevenzione primaria e secondaria, sia nella presa in carico delle cronicità. Per il sistema sicurezza ciò vorrebbe dire dedicare più risorse alla prevenzione dei reati, che non si ottiene inasprendo le pene ma agendo sulla cultura della legalità e sul controllo sociale, e non solo tramite le forze dell’ordine, contro fenomeni di illegalità. Significa inoltre adattare la politica, che è anche segno di civiltà, della “giustizia riparativa” che può essere considerata come l’equivalente della presa in carico delle cronicità. Giustizia riparativa significa intervenire per ridurre il fenomeno delle recidive o delle reiterazioni dei reati, simile alla presa in carico delle cronicità che ha la finalità di ridurre ricoveri in ospedale per aggravamento delle condizioni di cronicità.
A parte altre considerazioni specifiche sui contenuti del Decreto Sicurezza, credo si debba fare una riflessione generale sul modo in cui si affrontano i problemi della società moderna. La sostenibilità economica, sociale, politica, istituzionale è meglio garantita da politiche e interventi che privilegiano la prevenzione e il reinserimento nella società delle persone (pazienti con cronicità assistiti fuori dalle strutture ospedaliere, persone reinserite nella società dopo aver scontato le pene connesse ai propri reati) o da politiche concentrate sulle condizioni acute (patologie acute, giustizia riparativa in carcere)?